Single al ristorante: ecco perché dovrebbero intervenire i gestori
Tra i tanti svantaggi che gravano sulla vita dei single, andare a mangiare da soli al ristorante è uno degli ostacoli più insormontabili: in un’Italia bigotta, ipocrita e culturalmente arretrata, che vede il mondo a coppie e famiglie, la persona sola, di qualunque età, sesso ed estrazione sociale, viene sempre vista come una specie di alieno, uno sfigato da compatire, un malato con qualche problema psicologico che non è stato capace di trovarsi un partner o è stato reietto dal mondo intero. Per questo motivo, presentarsi da soli in un locale pubblico frequentato perlopiù da allegre famigliole con la prole al seguito o agrodolci trottolini amorosi, è motivo di imbarazzo che spinge spesso il single a rinunciare, soprattutto durante un viaggio, al piacere di una lauta cena servita al tavolo a base di specialità del territorio o dei propri piatti preferiti. Girovagando per la rete, ci si imbatte in tantissime pubblicazioni dedicate al problema, spesso scritte da travel bloggers che hanno fatto del viaggiare da soli una ragione di vita. Ma, nonostante i propositi motivazionali ed una convincente illustrazione delle tesi, risulta sempre difficile, per un single, vincere pregiudizi e preconcetti ed entrare in un ristorante chiedendo un tavolo per una sola persona.
Ma quali sono i fattori che scoraggiano più degli altri? Innanzitutto, il timore (presunto o reale) di sembrare un fallito, un povero Cristo senza amici, ai camerieri e agli altri avventori del locale. In una nazione con tutti i difetti di cui sopra, il single è spesso additato come una specie di rifiuto della società, come un diverso da deridere o stigmatizzare. Al pari di un omosessuale, di un disabile o di un extracomunitario, che però, al contrario dei single, sono tutelati da un’opinione pubblica che predica (con non poca demagogia) inclusività. La massa dei benpensanti stereotipati dimentica che non tutti sentono il bisogno di accoppiarsi e figliare, esperienze che tra l’altro non sono né una prescrizione medica, né un obbligo di legge. Senza scomodare il successo sanremese dei Pooh, quanti sono gli uomini (e le donne) soli per scelta ponderata o motivazioni lontanissime e meno sconvolgenti di quanto la gente creda? Non c’è niente di male a trovare la propria dimensione e il benessere interiore senza la compagnia di un’altra persona. Anzi, quanti sono quelli che si accoppiano e figliano per paura del futuro o solo per accontentare i decani retrogradi delle loro famiglie? Per non parlare dell’esercito dei single di ritorno, che si mettono alle spalle un matrimonio infelice e riprendono in mano la propria vita in piena autonomia. In secundis, il single al ristorante teme di essere un cliente sgradito. I conti sono presto fatti: nel 95% degli esercizi non esistono tavoli apparecchiati per una sola persona, ed ogni gestore si augura, ad ogni servizio, di coprire il 100% della capienza. Ragion per cui l’avventore solitario rischia di essere visto come colui il quale toglie il posto a un’altra persona che può pagare il coperto e consumare. In verità la realtà è ben diversa dalla teoria, ma nessun testo argomentativo potrà mai convincere i single più timidi ad entrare e consumare in un locale senza imbarazzo. Proprio per questa ragione, è necessario che siano i ristoratori in prima persona a scendere in campo e ad assicurare pubblicamente ai single che la loro presenza non è affatto sgradita.
Dal punto di vista commerciale, un gestore potrebbe anche avere ragione a preferire ospiti in compagnia al single: tutto fa brodo ai fini dell’incasso, ed ogni postazione riempita è una pedina che consuma. Ma quante coppiette ogni sera si presentano al ristorante, spesso per vincere la noia della loro relazione, e, dopo lunghi minuti di conversazione per chiarire qualche quisquilia, ordinano un solo piatto da dividere in due, magari una pizza, un tagliere o un antipastino? Non è quindi meglio ospitare un single, che va al ristorante solo per mangiare qualcosa di buono, è disposto a spendere il necessario e che, in caso contrario, volgerebbe volentieri altrove? E vogliamo poi parlare di quelle famigliole fastidiose nelle quali i bambini, dopo aver devastato il locale e infastidito gli altri ospiti, reclamano pennette e cotolette che impegnano altri fornelli e pentole della cucina? Consapevoli quindi che i single al ristorante possono diventare una risorsa supplementare, specie in serate un po’di magra, è necessario che i ristoratori muovano un primo passo e, sui loro canali social, invitino le persone sole a venire a mangiare nel proprio locale senza imbarazzo nè pregiudizi. Il messaggio diretto e concreto di un gestore vale più di mille sofismi psicologici destinati a trasformarsi in sterili parole al vento. Per venire incontro alle esigenze logistiche, i ristoratori potrebbero allestire nel loro locale, specie se di dimensioni sufficienti, uno spazio single con tavoli apparecchiati per una sola persona o un bancone con sedute parallele. Potrebbe rivelarsi funzionale anche invitare i single in orari dedicati, come ad esempio la prima ora di apertura di ogni servizio (una persona sola di solito è adattabile). Da evitare invece la pretesa di abbinare più clienti solitari al medesimo tavolo (per carità di Dio!): è risaputo che un single sta bene solo con se stesso e talvolta tende a trasformarsi in un orso antropomorfo: una compagnia sconosciuta (compresa una bella presenza) rischierebbe di metterlo ancora più a disagio.
Dimostrarsi predisposti nei confronti dei single al ristorante aprirebbe pertanto nuovi bacini d’utenza a tutti gli imprenditori del settore (molti dei quali recano ancora addosso le ferite provocate dalla pandemia e lottano quotidianamente con il bilancio) e risolverebbe un problema annoso che priva esseri umani come tutti gli altri (nonché potenziali clienti paganti), che hanno semplicemente scelto un percorso di vita diverso e per niente illegale o disagiante, di godere di uno dei massimi piaceri della vita. Il dibattito è aperto: attendo con impazienza il vostro punto di vista!
Ps-è stato mantenuto il plurale “single” al posto della forma corretta “singles” per esigenze di indicizzazione.
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