Come rovinare un viaggio di Natale con un panino alla raclette
Era il 30 dicembre e mi trovavo a Cannes, in un asettico albergo chiamato Hotel Nemea. Ero andato lì da solo, per trascorrere qualche giorno di vacanza, prima di tornare a Napoli, dove mi aspettava la mia famiglia. Avevo programmato di ripartire il giorno dopo, alle 4.30 del mattino, per essere a casa per il primo pomeriggio. Ma non sapevo che il destino aveva in serbo per me una brutta sorpresa. La sera prima, avevo deciso di fare un giro ai mercatini di Natale, che si tenevano nel centro della città. Ma non mi ero divertito affatto. Mi ero irritato per la gente che si assembrava e tossiva in faccia a chiunque, dimenticando del tutto i pericoli di trasmissione del Covid e di altri virus. Mi ero sentito come un estraneo, in pericolo e insofferente. Avevo comprato qualche souvenir, qualche dolcetto, qualche regalo, solo per ingannare il tempo in attesa della cena. E poi avevo visto il panino alla raclette.
Sì, lo so, sono intollerante al lattosio. Ma come potevo resistere al profumo di quel formaggio fuso, che si sposava perfettamente con il pane croccante e i salumi? E poi avevo preso l’integratore di lattasi, come faccio sempre quando mangio qualcosa contenente lattosio. Pensavo di aver fatto tutto il necessario per evitare problemi. Invece, mi sbagliavo di grosso. La colica si è manifestata nel cuore della notte, quando ero già a letto, pronto a dormire. Crampi continui e persistenti alla pancia, che mi hanno costretto a correre in bagno. Ho passato la notte in bianco, tra il water e il letto, sperando che il mal di pancia passasse. Ma non è passato. Anzi, si è aggiunto anche il reflusso acido, che mi incendiava la gola e mi brutalizzava la bocca come il fiele. Forse era colpa del vin brulè che avevo bevuto sopra un panino con wurstel, poco prima di mangiare quello alla raclette. Che idea geniale, vero?
La mattina dopo, non ho fatto colazione. Ero rimasto digiuno perchè avevo la nausea, i brividi di freddo e lo stomaco completamente chiuso. Ho completato il check-out e sono salito in macchina, pronto a partire. Ma non appena ho messo in moto, ho avvertito una nuova fitta alla pancia. Ho capito che il viaggio sarebbe stato lungo e difficile. E infatti lo è stato. Superato il confine, ho dovuto fermarmi ai primi tre autogrill italiani che ho incontrato lungo l’autostrada, per correre in bagno e liberarmi degli ultimi attacchi di diarrea. Ogni volta, sono entrato direttamente nei bagni sporchi e puzzolenti, senza neanche dire “buongiorno“. Ogni volta, ne sono uscito senza voltarmi a vedere quale pasticcio avessi combinato. Ogni volta, sono uscito con la speranza di non incontrare nessun altro cliente, che avrebbe potuto capire il mio disagio. A parte forse la cassiera, che voleva vendermi per forza una brioche insieme all’acqua che avevo comprato per reintegrare i liquidi e i sali minerali perduti.
Non vi dico quanto ho sofferto, fisicamente e moralmente. Mi sono sentito frastornato, debole, sporco. Ho maledetto il panino alla raclette, il vin brulè, i wurstel, i mercatini di Natale, la Costa Azzurra, il lattosio, la lattasi, il mio stomaco, il mio intestino, il mio destino. Ho pensato che avrei preferito stare a casa, a mangiare la mia pallida mozzarella senza lattosio, senza problemi. Ho pensato che non avrei più messo piede in Francia, né avrei più assaggiato il formaggio. Ho pensato che il mio viaggio di Natale era stato rovinato da un fottuto panino alla raclette. Ma poi, dopo il terzo autogrill, ho iniziato a stare meglio. La colica si è placata, il reflusso si è calmato, il dolore si è attenuato. Ho ripreso la strada, con più fiducia e speranza. Ho acceso la musica, ho aperto il finestrino, ho respirato l’aria fresca. Ho pensato che forse non era stato tutto così terribile. Ho pensato che forse avevo imparato una lezione. Ho pensato che forse avrei potuto raccontare la mia esperienza in un blog, con uno stile ironico e la sintassi dei miei alunni di scuola media, rispettando le regole seo. E così ho fatto.
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